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prefazione 00 – JEFFREY

Ho un vago ricordo del mio primo incontro con Jeff. Sospetto risalga al 1998 o al 1999. Ci siamo visti di sfuggita, ma mi è mancato il coraggio di avvicinarlo. Immagino mi abbia spaventato a quel tempo. In verità ero occupato a soffrire per amore. A soffrire terribilmente per essere precisi. Non avevo tempo di fare nuove amicizie. A diciassette anni tutto sembra difficile, sbagliato, spietato e ingiusto. Per me di più. Io stavo sul cxxxo al mondo. Di brutto. Avevo appena lasciato la scuola, conosciuto le prime piccole delusioni sentimentali, scoperto i primi tradimenti tra amici e soprattutto mi stavo accorgendo che mamma e papà facevano sempre più fatica ad andare d’accordo. Da li a poco sarei pure partito per il servizio militare e mi domandavo di continuo cosa avrei fatto nella vita una volta rientrato. Faccio un piccolo salto nel passato. 1987 circa. Ricordo il primo strumento musicale che ho toccato con mano: una Bontempi B109 Electric Chord Organ. Arancione e bianca. Meravigliosa. Non ci scommetterei, ma sono abbastanza certo appartenesse ad un mio vicino. La B109 era una tastiera montata su delle gambe di plastica e la si poteva portare comodamente in giro per casa. Aveva dei tasti aggiuntivi sulla sinistra. Se la memoria non mi tradisce cambiavano proprio il tipo di suono. Da li a poco, per il compleanno dei sei anni, mio zio Enrico mi avrebbe regalato la “cassettina” del concerto dei Queen a Wembley 1986. Erano due cassette, il concerto intero non ci stava su una sola. Quindi mio papà procede all’acquisto di uno stereo Phonola portatile di ultima generazione (che ho tutt’oggi funzionante) e inizio a passare le mie giornate ascoltando questa esplosione di suoni. Insomma, tre oggetti capitati nelle mie mani quasi per caso mi avevano portato ad una scoperta travolgente quanto inaspettata: la musica Rock! Sono certo sia stato un colpo di fulmine. Quando le cose bloccano lo stomaco e fanno sorridere a caso si è di fronte all’amore. Punto. Sono passati trent’anni e sono ancora follemente innamorato. Ho il rimorso di non aver frequentato il conservatorio nella mia adolescenza. Sono certo che i miei me lo abbiano proposto, ma probabilmente non hanno insistito abbastanza. Da questa considerazione ad oggi sono passati tanti anni e avrei mille aneddoti da raccontare e sviscerare, ma non è il luogo né il momento. Crescendo si accetta che la vita è fatta anche di momenti difficili. Anzi sono più i tratti in salita che in discesa quelli che si incontrano sul proprio cammino. Almeno per la maggior parte delle persone. Il segreto, per quello che mi riguarda, è affidarsi ad una passione. Ritengo sia indispensabile nella vita averne almeno una. La mia è stata la musica. Come ogni disciplina richiede tempo, studio e dedizione. Quel tempo ben speso che non solo arricchisce, ma funziona da scudo per i pensieri disturbati e disturbanti. Nella mia musica ad un tratto è comparso Jeffrey. A onore del vero ha preso definitivamente forma e coscienza di esistere dopo aver letto uno dei libri più belli che io abbia mai letto: Da Jack lo squartatore a Syd Barret – L’estetica del doppio. Jeff non è un amico immaginario, o forse non solo, ma la presa di coscienza appunto del mio doppio. Quel uomo romantico e timido che troppo spesso ho paura di mostrare al mondo per timore di risultare debole. Crescendo ho imparato a riconoscerlo non solo in me, ma in tante, tantissime persone speciali. Jeffrey ha ispirato Skyscraper, il secondo disco scritto e suonato con il mio gruppo di amici. Nel disco ho voluto raccontare questa giornata particolare del 17 marzo 2019, ma in poco più di trenta minuti di musica e in otto tracce non sono riuscito a presentarlo in modo onesto ed adeguato, quindi ho deciso di scrivere questo racconto per approfondire. Questo alla fine è un libro di passione, di musica, di sana follia e naturalmente d’amore perché Jeffrey è romantico, ma io lo sono di più.

Manuel